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L'impatto della HR Tech sulla forza lavoro 

L'impatto della HR Tech sulla forza lavoro Special AI Edition – Executive Summary

L'intelligenza artificiale, con la promessa di potenziare l'efficienza e ridefinire i modelli di lavoro, è stata presentata come la più grande rivoluzione del mondo di lavoro e della nostra era. Eppure, nonostante le aziende di IA facciano a gara per integrare l'IA in ogni angolo delle loro piattaforme, i referenti HR riportano feedback altamente deludenti riguardo ai tech stack. L'esperienza dei dipendenti lascia ancora molto a desiderare e gli aumenti di produttività sui quali puntano le aziende semplicemente non si stanno materializzando.

Nello studio HR Technology’s Impact on the Workforce di quest'anno, abbiamo cercato di capire che cosa pensano le persone reali (i dipendenti) della tecnologia che hanno a disposizione sul lavoro. Abbiamo analizzato i dati di una serie di ricerche dirette condotte su scale globale presso oltre 8.500 lavoratori di svariati settori per esaminare il “sentiment” quotidiano sul campo, al di là delle decisioni che si prendono nei consigli di amministrazione.

Risultati principali

1. La paura aumenta di pari passo con la familiarità

  • Contrariamente alla maggior parte delle innovazioni del passato, per le quali la paura dell'ignoto raggiungeva un picco che si attenuava man mano che i lavoratori imparavano a destreggiarsi con la novità, la curva dell'IA appare invertita: più le persone la usano e ne comprendono le capacità, più diventano ansiose per il proprio futuro. È naturale farsi prendere dal panico quando i media parlano in maniera ossessiva di posti di lavoro distrutti dall'intelligenza artificiale, tuttavia i dirigenti possono contribuire a ridimensionare questa paura ricordando ai propri dipendenti che, anche se i ruoli potranno scomparire, la necessità di persone qualificate e creative rimarrà sempre.

  • Un esempio: negli Emirati Arabi Uniti, quasi l'85% dei lavoratori ha già utilizzato l'IA a supporto del proprio lavoro, ma il 44% è riluttante a provare nuove tecnologie per il lavoro perché teme che possano subentrare al proprio ruolo o modificarlo. Allo stesso tempo in Europa, dove l'uso dell'intelligenza artificiale è meno capillare, meno di un lavoratore su dieci è preoccupato dell'impatto della tecnologia sul proprio lavoro.

Figura 2: Utilizzo dell'IA sul lavoro e preoccupazione per la sostituzione di posti di lavoro con la tecnologia

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Il grafico mostra i paesi che utilizzano l'IA per il lavoro e i paesi più preoccupati. Gli Emirati Arabi Uniti la adottano di più e il Canada di meno. L'Italia è il paese meno preoccupato che l'IA distrugga posti di lavoro e gli Emirati Arabi Uniti sono i più preoccupati che l'IA eroda posti di lavoro.

2. Non tutti sono preoccupati allo stesso modo, non tutti subiranno le stesse conseguenze

  • •L'IA si sta sostituendo al primo gradino della scala (i ruoli entry-level) e allo stesso tempo sta svuotando le posizioni al centro, trasformando l’avanzamento di carriera da un processo lineare a una procedura confusa e disordinata. Purtroppo, i lavoratori che hanno maggiori probabilità di essere interessati da questa trasformazione sono anche i meno preoccupati. Se da un lato chi occupa ruoli tecnologici o di leadership può intuire la possibilità di una ridefinizione del lavoro, dall’altro questa consapevolezza manca in molti lavoratori che saranno effettivamente interessati da questa eventualità, rendendoli perciò vulnerabili alla trasformazione del mondo del lavoro.

  • Perché è importante che i dipendenti siano consapevoli dell’eventuale cambiamento che può riguardarli? I lavoratori all'oscuro degli impatti dell'intelligenza artificiale avranno una crisi di fiducia quando si parlerà di cambiare mansione o di dover sopprimere posizioni. Tuttavia, proprio come per le innovazioni del passato, anche per l’IA si prevede che saranno di più i posti di lavoro creati rispetto a quelli che verranno sostituiti dall'IA. Significa che le aziende hanno bisogno di questi lavoratori e della loro fiducia Se siamo ossessionati dalla "perdita del posto di lavoro", trascuriamo la reale opportunità, e la necessità, di riprogettare il lavoro: non si tratta di sostituire semplicemente i ruoli, bensì di ripensare le mansioni, rimodellare le posizioni e creare nuovi percorsi di crescita del personale.

Figura 7: Ansia per l'impatto della tecnologia sul lavoro in base al reddito

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Il grafico evidenzia come i dipendenti che guadagnano oltre 200.000 dollari vivono con più ansia l'impatto della tecnologia sull’occupazione, mentre solo il 49% di coloro che guadagnano meno di 30.000 dollari è ansioso.

3. La riqualificazione professionale non è facoltativa, è un prerequisito

  • L'intelligenza artificiale sta costringendo la maggior parte delle aziende a ridefinire le priorità in materia di upskilling e riqualificazione professionale. Tuttavia la semplice implementazione di un marketplace dei talenti o di una piattaforma per la formazione del personale non porterà magicamente ad avere una forza lavoro più qualificata. Se mancano le premesse culturali, come una retribuzione equa e il supporto dei manager allo sviluppo professionale dei dipendenti, gli sforzi di riqualificazione non andranno a buon fine.

  • I dipendenti che ritengono di ricevere uno stipendio equo hanno 1,8 volte più probabilità di dedicare più del 15% del proprio tempo all'apprendimento di nuove skill professionali, rispetto ai lavoratori che considerano di non essere retribuiti in modo equo. Se il reskilling è una priorità aziendale, occorrerà innanzitutto valutare l'equità retributiva per partire da una base solida di fiducia e motivazione.

Figura 11: Dipendenti che dedicano più del 15% del proprio tempo ogni mese all’apprendimento di nuove skill professionali

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Il grafico evidenzia che il 55% dei dipendenti che dedica ogni mese il 15% del proprio tempo all’apprendimento di nuove skill professionali dichiara di essere “d’accordo” sul fatto di essere retribuito equamente, mentre si dichiara “estremamente d'accordo” sul fatto di essere retribuito equamente il 31% dei dipendenti che dedica ogni mese il 15% del proprio tempo all’apprendimento di nuove skill professionali.

4. Non è una questione di tecnologia, ma di leadership

  • •La fiducia dei dipendenti risulta più elevata verso i diretti superiori che non verso l’alta dirigenza, ma gli stessi referenti diretti sono spesso ostacolati dall’assenza di una traiettoria chiara della strategia di IA e non sanno come gestire le eventuali ripercussioni per il proprio team. Ma anche il top management non discute veramente dell'impatto dell'intelligenza artificiale: secondo i lavoratori, solo un CEO su quattro parla dell’impatto dell’IA sull'azienda e meno del 20% parla di come cambieranno i ruoli aziendali. Questo vuoto di leadership aggrava i timori dei dipendenti, distraendoli dal vero obiettivo, ovvero come sbloccare i fantomatici aumenti di produttività per costruire un’azienda più efficiente ed efficace.
Meno di un lavoratore su tre è convinto che la propria azienda lo supporterà nello sviluppo delle skill necessarie in futuro e meno del 20% ha sentito parlare dal proprio responsabile diretto o supervisore degli impatti che avrà l'intelligenza artificiale sul proprio lavoro.
  • I dipendenti devono essere coinvolti nel dibattito sull'intelligenza artificiale, non esclusi. La leadership aziendale in questo momento ha un ruolo ancora più cruciale. Nessun leader avrà tutte le risposte, ma non è quello il punto. Oggi è importante affrontare le paure attraverso un dialogo onesto: evitare di parlare dell'IA o fingere che sia un problema futuro rappresenta un rischio molto maggiore rispetto ad ammettere di non sapere tutto.

  • La prova: a Singapore, il governo non si concentra solo sull’upskilling “interno”, ma lavora per migliorare le competenze dell'intero paese, offrendo accesso gratuito a opportunità di formazione e crescita professionale di alta qualità. Il risultato? I dipendenti utilizzano l'intelligenza artificiale sul lavoro molto di più rispetto a quanto avviene nella maggior parte degli altri paesi, ma il timore che la tecnologia li sostituisca è relativamente basso. Aiutare i lavoratori a capire che saranno supportati, indipendentemente da ciò che li aspetta, è la chiave per creare una forza lavoro resiliente e pronta ad affrontare il futuro.

Conclusioni

In sostanza, non si tratta di un problema tecnologico, ma di fiducia. Non è possibile scacciare i timori con un aggiornamento software. Il software da solo non rassicurerà i dipendenti che si chiedono se staranno ancora al loro posto da qui a qualche mese, né fornirà ai manager gli strumenti per rispondere a domande difficili sull'impatto dell'IA. La vera fiducia si guadagna attraverso una leadership che offre una comunicazione trasparente e strumenti ai manager in prima linea e costruisce una cultura basata sull’upskilling, l’equità retributiva e un autentico senso di appartenenza.

Il luogo di lavoro rimane uno degli ultimi baluardi della fiducia umana e l'intelligenza artificiale minaccia di smantellarlo, non a causa degli algoritmi, ma della nostra incapacità di fare da guida. Se i leader tacciono, lasciano spazio alla paura. Facendo un passo nel vuoto, ma con chiarezza di intenti, impegnandosi per la resilienza e rifiutando di considerare il cambiamento come un ostacolo, possono trasformare la rivoluzione dell'IA in un'opportunità di crescita senza precedenti per i loro dipendenti.

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