Economic & Market outlook 2025  

660492994 Milo Zanecchia/ Ascent Xmedia GmbH

14 novembre 2024

Dopo la salita c’è la discesa: che cosa devono aspettarsi gli investitori nel 2025

L'Alpe d'Huez in Francia è famosa per essere una delle salite più impegnative del ciclismo. Ma, una volta raggiunta la vetta, si è solo a metà strada: anche la discesa che attende i ciclisti presenta un percorso tortuoso e tecnicamente sfidante lungo il crinale della montagna.

Analogamente, dopo un ciclo aggressivo di rialzi dei tassi di interesse tra il 2022 e il 2023, le banche centrali devono ora affrontare una fase di discesa dai tassi massimi. Ora che i rischi legati a crescita e inflazione hanno raggiunto un delicato equilibrio, la Federal Reserve statunitense (la Fed) e altre Banche centrali hanno iniziato a tagliare i tassi di interesse per allentare la politica monetaria e ricondurla dagli attuali livelli restrittivi a un terreno più neutrale. Probabilmente le banche centrali continueranno ad abbassare a vari intervalli i tassi di interesse finché la strada non sembrerà decisamente più agevole, sperando che l'economia non si sgonfi lungo il percorso.

Nonostante i tagli dei tassi, nel breve termine ci aspettiamo un rallentamento della crescita nel mondo sviluppato a causa dell'impatto ritardato della politica monetaria restrittiva. Tuttavia, la solidità dei bilanci aziendali e del reddito delle famiglie rendono i rischi di recessione limitati. Il Giappone dovrebbe crescere a un ritmo discreto, sostenuto dalla domanda interna e dall’aumento dei redditi. Nell'Eurozona i catalizzatori della crescita a breve termine sembrano limitati. Per il 2025 ci aspettiamo che l'allentamento della politica monetaria stimoli la crescita. Tuttavia, negli Stati Uniti, dopo l'elezione di Donald Trump, questo scenario di base presenta rischi sia al rialzo che al ribasso. In Cina le prospettive di crescita restano incerte, anche se i recenti annunci di stimoli da parte della Banca popolare cinese e delle autorità di regolamentazione finanziaria indicano l’intenzione di supportare la crescita. Tuttavia, la persistente debolezza del settore immobiliare e la scarsa fiducia dei consumatori potrebbero rendere necessarie nel paese ulteriori misure per stabilizzare i prezzi degli immobili e/o incoraggiare direttamente la spesa al consumo. Nel resto dei mercati emergenti, la crescita dovrebbe confermarsi robusta, sostenuta da politiche monetarie più accomodanti e condizioni pro-cicliche. Il rischio di dazi anche del 60% sulla Cina sarebbe negativo per la crescita cinese, ma positivo per i mercati emergenti (Cina esclusa), in quanto causerebbe un riorientamento delle transazioni commerciali.

L'inflazione è diminuita e nel 2025, a nostro avviso, sarà necessario un ultimo sforzo per riportarla al target ideale. I mercati del lavoro nelle economie sviluppate, compresi gli Stati Uniti, sono meno contratti, sospinti dalla diminuzione della domanda di manodopera e dall'aumento dell'offerta. La crescita dei salari rimane abbastanza sostenuta, ma dovrebbe normalizzarsi contribuendo a ridurre l'inflazione. L'impatto dei dazi negli Stati Uniti, dopo l'elezione di Donald Trump, crea rischi al rialzo per l'inflazione. Anche in Giappone, alle prese con la deflazione, l'inflazione dovrebbe avvicinarsi al 2%, trainata dalla forte crescita dei salari (la trattativa salariale più significativa degli ultimi 30 anni). Riteniamo che questi fattori creino rischi modesti di aumento dell’inflazione rispetto all'obiettivo del 2% fissato dalla Banca del Giappone (BoJ). La Cina sta affrontando pressioni deflazionistiche simili a quelle che caratterizzarono il Giappone alla fine degli anni '90. L'inflazione core è in calo e si potrebbe innescare un possibile scenario deflazionistico se le aspettative di inflazione si dovessero ancorare al di sotto dello 0%. Il recente allentamento della politica monetaria e fiscale contribuirà a contrastare la deflazione, ma la vittoria non è ancora assicurata.

Ora che l’inflazione è scesa, le banche centrali dei Paesi sviluppati stanno tagliando i tassi di interesse. È iniziata la fase di ritorno a tassi neutrali, con i mercati obbligazionari che scontano un ciclo di tagli dei tassi. Entro la fine del 2025, le banche centrali dei mercati sviluppati (Giappone escluso) dovrebbero riportare i tassi a livelli neutrali, ancora non definiti ma tendenzialmente attorno al 3,5% negli Stati Uniti, al 3% nel Regno Unito e al 2% nell'Eurozona. Una volta raggiunti questi livelli, le banche potranno mettere in pausa o rallentare il ciclo di tagli per valutarne l'impatto, consapevoli che la trasmissione della politica monetaria sull’economia avverrà con un certo ritardo. In Cina sono necessarie misure sostanziali di stimolo della domanda per affrontare i rischi di crescita debole e deflazione. I recenti provvedimenti suggeriscono che si stia andando in questa direzione, ma ancora non è possibile sapere se la crescita aumenterà in modo significativo. Le Banche centrali dei Paesi emergenti, Cina esclusa, dovrebbero continuare a ridurre i tassi. In alcuni paesi emergenti potrebbero verificarsi aumenti localizzati dei tassi in risposta a fattori interni, ma non dovrebbero rappresentare una tendenza generale. Con l'inflazione ancora al di sopra dell’obiettivo, la BoJ dovrebbe continuare ad aumentare gradualmente i tassi di interesse fino a raggiungere il limite inferiore delle stime sul tasso neutrale (~1%) entro il 2025.[1] Il ritmo dei rialzi potrebbe accelerare se l'inflazione, l’aumento dei salari e la crescita economica rimarranno stabili.

Nel 2025 ci aspettiamo un contesto eterogeneo per le azioni, con gli utili sostenuti sia da un panorama economico favorevole sia dal potenziale offerto dall’IA. Sebbene parzialmente compensate da valutazioni eccessive, le azioni potrebbero comunque offrire rendimenti attesi più elevati rispetto alla liquidità e potrebbero giustificare un sovrappeso. Riteniamo che anche le azioni e i REIT giapponesi possano riservare opportunità. Nei mercati del credito, apprezziamo l'high yield asiatico (AHY) per le valutazioni e il contesto macroeconomico favorevoli, e il debito dei mercati di frontiera (FMD), che offre fondamentali solidi, rendimenti interessanti e un universo ben diversificato. Anche se l'high yield globale potrebbe generare rendimenti apprezzabili, siamo sottopesati a causa degli spread molto ristretti e per compensare parzialmente le posizioni sull’AHY e il FMD.

I mercati dei titoli governativi, in particolare gli Stati Uniti, hanno ridotto le aspettative di tagli aggressivi dei tassi, e continuiamo a credere che le banche centrali potrebbero adottare un approccio graduale. Siamo sottopesati sulla duration per gestire il rischio che un forte aumento dei rendimenti possa incidere su altre posizioni nei portafogli, mentre alcune politiche della nuova amministrazione Trump potrebbero esercitare una pressione al rialzo sui rendimenti. Manteniamo una posizione sovrappesata sullo yen giapponese rispetto ad altre valute dei mercati sviluppati, poiché si riducono le difficoltà dovute all'elevato differenziale dei tassi d'interesse a seguito dei tagli dei tassi negli Stati Uniti e in altri Paesi, mentre il Giappone potrebbe aumentarli più di quanto scontino i mercati. Lo yen rimane eccezionalmente conveniente e la nostra sovra ponderazione è finanziata da valute diverse dal dollaro, mentre il dollaro USA è probabilmente sostenuto dalla minaccia dei dazi da parte della nuova amministrazione Trump.

Crescita

In gran parte del mondo sviluppato, la crescita dovrebbe affievolirsi nel breve termine, poiché l'impatto ritardato della politica monetaria restrittiva si fa sentire sull'attività economica. Tuttavia, non riteniamo che il rischio di recessione sia elevato. Prevediamo che le economie sviluppate cresceranno leggermente meno del trend alla fine del 2024 e nel 2025, sebbene l'attività economica statunitense rimanga discreta. La solidità dei bilanci delle famiglie e delle imprese e le condizioni finanziarie più accomodanti dovrebbero parzialmente compensare gli effetti negativi ritardati dei rialzi dei tassi di interesse già effettuati, mentre l'attuale allentamento dei tassi dovrebbe gettare le basi per un secondo semestre 2025 più solido. Dopo le elezioni statunitensi, le prospettive di crescita per il 2025 sono ora un po' più complicate, ma in realtà incidono sulle nostre view più come rischi per il nostro scenario di base che come cambiamenti fondamentali.

I rischi al rialzo per la crescita derivano da una regolamentazione e da una politica fiscale più accomodanti, mentre i rischi al ribasso dovrebbero essere legati all’applicazione di dazi sfavorevoli per la crescita e pregiudizievoli per le imprese. Il Giappone dovrebbe procedere bene. Il Paese è entrato in una fase fondamentalmente diversa rispetto al trend degli ultimi trent'anni; dovremmo perciò attenderci una crescita media del PIL nominale di circa il 3% rispetto allo 0,5% precedente. La crescita dei salari reali è in territorio positivo e dovrebbe sostenere un livello più elevato dei consumi. Sebbene la BoJ stia iniziando a inasprire gradualmente la politica monetaria, i tassi di interesse rimarranno bassi per la maggior parte del 2025 e dovrebbero continuare ad alimentare la crescita economica. Infine, la chiusura di diversi grandi stabilimenti automobilistici nel 2024 ha inciso sulla produzione e sulle consegne, riducendo il consumo di beni durevoli e le esportazioni. Con l'inversione di tendenza di questa situazione, che non dovrebbe più pesare sul PIL, la crescita dovrebbe registrare un rimbalzo. L'Eurozona presenta pochi catalizzatori per una ripresa della crescita nel breve termine. Tuttavia, i tassi di risparmio elevati e l’inflazione in frenata, combinata al taglio dei tassi da parte della Banca centrale europea (BCE), potrebbero indurre i consumatori a ricominciare a spendere.

Nel 2025 l'allentamento della politica monetaria dovrebbe stimolare la crescita, soprattutto fuori dagli Stati Uniti e in particolare nell'Eurozona, nel Regno Unito e in Australia, dove la trasmissione della politica monetaria dovrebbe essere più rapida a causa del numero preponderante di mutui a tasso variabile. Negli Stati Uniti, il settore immobiliare ha sofferto negli ultimi anni a causa dell'aumento dei tassi di interesse, che ha limitato sia l'offerta che la domanda. L’abbassamento dei tassi di interesse dovrebbe stimolare l'attività immobiliare, sia perché i tassi più bassi rendono i finanziamenti più convenienti per i costruttori, che possono così aumentare l'offerta di case, sia perché si amplia il numero di nuovi acquirenti.

Le prospettive di crescita della Cina rimangono incerte. Da un lato, il Paese è il primo produttore mondiale di tecnologie per la New Economy, come veicoli elettrici e pannelli solari, ed è focalizzato sulla produzione di fascia alta, sulla produzione industriale e sulle esportazioni. D'altro canto, è ancora alle prese con un tasso piuttosto basso di fiducia dei consumatori e di spesa, a causa delle difficoltà ancora irrisolte del settore immobiliare e della debolezza del mercato del lavoro. Le autorità cinesi hanno dichiarato di essere impegnate a raggiungere l’obiettivo di crescita annuale. Mentre le misure adottate prima di settembre si sono rivelate insufficienti e troppo focalizzate sul rilancio dell'economia agendo sull’offerta, gli annunci più recenti e la retorica delle autorità indicano la seria intenzione di stimolare la crescita e risolvere alcuni problemi nel tentativo di ridurre la dipendenza dell'economia dalle esportazioni come fonte di crescita. A nostro avviso, affinché la Cina possa costruire una ripresa sostenibile, gli stimoli dovrebbero mirare a rilanciare la fiducia dei consumatori e a stabilizzare il settore immobiliare in difficoltà. È importante sottolineare che l’annuncio del presidente eletto Trump di ripristinare i dazi potrebbe essere solo una postura per negoziare un accordo tra Stati Uniti e Cina. Se invece venissero realmente applicati, inciderebbero in maniera inequivocabilmente negativa sulle esportazioni cinesi e quindi sul PIL reale, esercitando ulteriori pressioni sui leader cinesi nella direzione di un allentamento delle politiche per sostenere la crescita e probabilmente indebolire la valuta.

Mentre il nostro outlook sulla Cina prevede risvolti diversi ed è principalmente subordinato al varo di misure di stimolo, le previsioni per i mercati emergenti, esclusa la Cina, sono positive. In generale, un ulteriore allentamento della politica monetaria a livello interno e da parte delle banche centrali dei paesi sviluppati, combinato a condizioni macroeconomiche favorevoli (inflazione stabile e aumento della fiducia dei consumatori), gioca a favore della crescita economica dei mercati emergenti. D'altro canto, la promessa del neopresidente Trump di aumentare tutti i dazi dovrebbe rafforzare il dollaro statunitense, e solitamente un dollaro forte è penalizzante per molte economie emergenti.

Ciò nonostante, le economie asiatiche, in particolare i Paesi che si posizionano nella parte alta della catena del valore, come Taiwan e Corea, dovrebbero continuare a registrare una crescita della produzione industriale, poiché la domanda all’export rimane forte, soprattutto in settori critici come i semiconduttori e l'elettronica di fascia alta. L'India gode di un forte slancio economico e dovrebbe continuare ad attrarre capitali nei prossimi anni o addirittura decenni. Le economie dell'America Latina (Latam) sono più esposte al rallentamento della crescita dei paesi sviluppati e alle incertezze della Cina, dato che dipendono maggiormente da settori ciclici come le materie prime e il manifatturiero. Inoltre, in molti paesi dell'America Latina si terranno le elezioni nel 2025 e questo potrebbe causare altre incertezze. In ogni caso, i principali produttori di metalli della regione, come il Brasile e il Cile, dovrebbero continuare a beneficiare della transizione energetica, dal momento che metalli come il rame e il litio svolgono un ruolo fondamentale per lo sviluppo dei veicoli elettrici e della tecnologia solare. Infine, più in generale, i mercati emergenti (Cina esclusa) dovrebbero trarre ampio beneficio dal trasferimento fuori dalla Cina della capacità produttiva statunitense, soprattutto qualora gli Stati Uniti implementassero dazi anche del 60% sui prodotti in provenienza dalla Cina, fornendo un ulteriore elemento di stimolo alla crescita.

Inflazione    

Sul fronte dell’inflazione, i primi mesi del 2024 sono stati contrassegnati negativamente da numerose sorprese al rialzo, soprattutto negli Stati Uniti. Tuttavia, tali rialzi sono stati riassorbiti nel corso dell'anno. Per il 2025 prevediamo che l'inflazione continuerà a normalizzarsi, per una serie di motivi. In primo luogo, per il rallentamento dei mercati del lavoro, come evidenziano l'aumento del tasso di disoccupazione e il calo delle offerte di lavoro. Sebbene l’aumento dei salari sia attualmente troppo elevato, prevediamo che il raffreddamento dei mercati del lavoro comporterà un rallentamento della crescita dei salari, riducendo ulteriormente l'inflazione legata ai prezzi dei servizi. In secondo luogo, ci aspettiamo che i prezzi degli immobili negli Stati Uniti diminuiranno ulteriormente, riflettendo la debolezza osservata nei dati del settore privato sui nuovi affitti. Infine, nei mercati sviluppati si è registrato un brusco aumento di alcuni prezzi all'inizio del 2024, in risposta all'elevata inflazione complessiva del 2023. Con la decisa frenata dell'inflazione complessiva nel 2024, nel 2025 gli aumenti dovrebbero essere molto più contenuti.

La chiave di volta per l'inflazione negli Stati Uniti è l'aumento dei dazi ma anche del deficit fiscale. Resta da vedere se i primi verranno effettivamente applicati e in che misura o se saranno solo uno strumento di negoziazione. In ogni caso, dazi più elevati e deficit più ampi causano inflazione nell'anno in cui sono previste le modifiche, ma non necessariamente in quelli successivi. Pertanto, finché le aspettative inflazionistiche rimarranno ancorate, l'inflazione dovrebbe rientrare nell'obiettivo.

A nostro avviso, la ripresa dell'inflazione in Giappone non è un falso segnale. Nel Paese non ci sono più le condizioni per un’inflazione media vicina allo 0% come in passato. L’inflazione core su base annua è stata in media del 2,8% da inizio anno fino ad agosto 2024 ma, quel che più conta, l’inflazione è stata in gran parte trainata da pressioni sottostanti sui prezzi più sostenute, come la crescita dei salari, e non da shock una tantum o esterni. Nel 2025 la nostra attenzione si sposterà ancora una volta sulle trattative salariali di primavera Shunto. Nel 2024, le trattative sono state molto significative e sono sfociate negli aumenti salariali più alti degli ultimi 30 anni. Affinché le aspettative inflazionistiche si stabilizzino su livelli più elevati e la ruota dell'inflazione giri, la crescita dei salari deve proseguire a questi stessi livelli. Prevediamo che una crescita nominale discreta, mercati del lavoro strutturalmente contratti e un cambiamento dell'atteggiamento dei consumatori nei confronti dell'inflazione, dovrebbero continuare a sostenere una crescita elevata dei salari nel 2025.

La Cina ha pressioni diverse rispetto a gran parte del mondo. Il Paese rischia la deflazione e le sfide che deve risolvere assomigliano alle problematiche che il Giappone ha affrontato alla fine degli anni '90. L'inflazione core è in calo da diversi trimestri e si sta avvicinando pericolosamente allo zero. Visti i problemi del settore immobiliare, i livelli cronicamente alti di risparmio, i bassi consumi e il rapporto debito/PIL elevato di molti governi locali, il rischio di una spirale autoalimentata fatta di un’inflazione persistente molto bassa o di deflazione è elevato. Tuttavia, la Cina è avvantaggiata rispetto al Giappone degli anni ’90 grazie proprio al precedente nipponico. Dall'episodio deflazionistico del Giappone, la Cina può trarre l’insegnamento che non deve aspettare troppo a lungo prima di agire. Tuttavia, non si sa se agirà rapidamente, anche se il recente allentamento della politica monetaria è un passo nella giusta direzione.

L'inflazione che ha caratterizzato i mercati emergenti (Cina esclusa) è diminuita significativamente negli ultimi due anni. In generale, ci aspettiamo che si normalizzi nel 2025 a causa della trasmissione ritardata delle politiche monetarie restrittive e del calo dell’inflazione in Cina, che riduce i prezzi all'importazione nei mercati emergenti e altrove.

Politica delle banche centrali

L’attenuarsi dei rischi di inflazione in gran parte dei paesi sviluppati ha indotto le banche centrali a tagliare i tassi d'interesse, mentre è iniziato il percorso di ritorno alla neutralità. I mercati obbligazionari avevano scontato un ciclo aggressivo di tagli dei tassi, anche se le aspettative si sono raffreddate, in particolare negli Stati Uniti. Sospettiamo che con il passare dei mesi le autorità possano perseguire un allentamento più graduale della politica. Prevediamo che le banche centrali dei mercati sviluppati (Giappone escluso) ridurranno i tassi d'interesse fino a livelli neutrali entro la fine del 2025. Tuttavia, è possibile uno scenario in cui la Fed e altre banche centrali spingano i tassi d'interesse al di sotto del livello neutrale se le economie dovessero rallentare più del previsto. Riteniamo che un simile scenario sia più probabile nell'Eurozona, in Nuova Zelanda e in Svizzera, dove la crescita è debole. La Fed potrebbe avere un compito più impegnativo, in quanto vorrà evitare di anticipare politiche che potrebbero non concretizzarsi effettivamente, come i dazi. In ogni caso, un aumento delle pressioni inflazionistiche potrebbe determinare una dinamica al rialzo dei tassi di interesse nel 2025 e negli anni successivi.

Di fronte al rischio di deflazione e di crescita rarefatta, riteniamo che le autorità cinesi dovranno adottare ulteriori misure di stimolo fiscale, soprattutto se si concretizzerà la minaccia statunitense di imporre dazi elevati. È probabile che la politica monetaria si stia avvicinando ai suoi limiti; sono quindi necessarie nuove misure di stimolo fiscale, come incentivi per favorire la domanda immobiliare, al fine di ridurre il problema dell'eccesso di invenduti. Gli stimoli al settore immobiliare messi finora in campo hanno avuto un impatto modesto poiché sono stati scarsamente efficaci e incisivi e, in genere, poco flessibili. Sono necessarie misure più drastiche per risolvere definitivamente la crisi immobiliare, rilanciare la fiducia dei consumatori e promuovere un aumento dei consumi.

È probabile che le banche centrali dei mercati emergenti (Cina esclusa) continueranno a tagliare i tassi di interesse nel 2025, dopo una breve interruzione nel secondo semestre 2024, dovuta alle preoccupazioni per una svalutazione eccessiva delle proprie monete rispetto al dollaro USA. Il taglio dei tassi nelle economie sviluppate dovrebbe attenuare le pressioni valutarie sulle economie emergenti e consentire alle banche centrali di normalizzare ulteriormente la politica. Naturalmente, non tutti i Paesi sono uguali e alcuni potrebbero dover aumentare i tassi di interesse a causa di fattori locali; tuttavia, non ci aspettiamo aumenti generalizzati.

Prevediamo che la BoJ continuerà a innalzare i tassi di interesse a un ritmo moderato nel 2025, con un'inflazione che rimarrà al di sopra dell'obiettivo prefissato del 2%, dato che i tassi sono ancora molto bassi. Ci aspettiamo che la banca centrale raggiunga almeno il limite inferiore delle sue stime sul tasso neutrale nel 2025, pari all'1%, che corrisponderebbe a un rialzo ogni sei mesi circa. Tuttavia, se i dati sull'inflazione dovessero rivelarsi più persistenti, la BoJ potrebbe muoversi in modo più aggressivo, portando i tassi ben al di sopra dell'1%. In definitiva, l'attività economica sostenuta nel Paese e l'inflazione al di sopra dell'obiettivo suggeriscono la necessità di tassi di interesse più elevati. Una situazione opposta rispetto al resto del mondo sviluppato, dove le politiche troppo restrittive fanno prevedere ulteriori tagli.

Rischi

Dopo l'elezione del presidente Trump, i rischi sia al rialzo che al ribasso per la crescita e l'inflazione sono aumentati in modo significativo. Molte politiche proposte sono in discontinuità rispetto all’amministrazione uscente, come l'aumento della spesa fiscale e la deregolamentazione. La politica più estrema del neopresidente Trump riguarda i dazi. Il nuovo presidente propone dazi superiori al 60% sulle importazioni cinesi e potenzialmente un dazio generale del 10% su tutte le importazioni dal resto del mondo. Rimane da vedere se saranno implementati o solo minacciati allo scopo di negoziare accordi commerciali migliori per gli Stati Uniti. Tuttavia, se dovessero essere attuati, la loro entità sarebbe molto maggiore rispetto ai dazi imposti nel 2018/2019 e rappresenterebbe il più grande aumento dei dazi in oltre 100 anni.

Relativamente ai rischi nel nostro scenario di base per il 2025, uno dei principali, a nostro avviso, è la sottovalutazione dell’impatto ritardato della politica monetaria, che causerebbe una recessione in una o più economie. La crescita è rimasta decisamente resiliente a fronte di una politica estremamente aggressiva di rialzi dei tassi. Negli Stati Uniti, alcuni fattori possono spiegare l’entità della trasmissione della politica monetaria, come la prevalenza di mutui ipotecari a tasso fisso con scadenze lunghe e i forti investimenti in una serie di nuove tecnologie.

Più ottimisticamente, l'intelligenza artificiale e altre nuove tecnologie potrebbero alimentare la ripresa della crescita della produttività in gran parte del mondo. Ci sono varie stime del potenziale dell'IA, che spaziano da un impatto minimo a uno estremamente significativo. Riteniamo che l'IA possa generare sostanziali aumenti di produttività e avere un impatto considerevole sulla crescita economica nei prossimi anni, rappresentando un rischio al rialzo per la crescita per il 2025 e negli anni a seguire. L'intelligenza artificiale potrebbe anche generare rischi disinflazionistici nei prossimi anni, poiché l'aumento della produttività e dell'automazione esercita una pressione al ribasso sui salari.

La nostra view sulla Cina si fonda sulla convinzione che le autorità alla fine sosterranno la crescita e risolveranno i rischi di deflazione, anche se le tempistiche rimangono molto incerte. Gli ultimi anni hanno dimostrato che la politica cinese non è sempre trasparente e non segue necessariamente le regole della politica economica convenzionale. Le autorità sembrano dare priorità agli obiettivi politici ed economici strategici di lungo termine a scapito della crescita economica a breve termine.

Anche i numerosi conflitti armati nel mondo creano rischi per le economie e i mercati. Resta da vedere come si svilupperanno gli eventi geopolitici dopo il cambio di amministrazione negli Stati Uniti: è possibile che il neopresidente Trump spinga per risoluzioni rapide, riducendo così il rischio geopolitico a livello globale. Tuttavia, in generale, gli eventi geopolitici sono notoriamente difficili da prevedere, ma riteniamo che i rischi rimarranno contenuti per ora. Anche se i mercati finanziari possono essere volatili quando si verificano tali eventi, gli effetti tendono ad affievolirsi nel tempo.

Asset allocation

Lo scenario macroeconomico per il 2025 è eterogeneo per quanto riguarda l’andamento delle azioni. Nonostante una crescita economica leggermente più debole, le aziende sia dei mercati sviluppati che emergenti sembrano in grado di espandere in maniera significativa la crescita degli utili. La riduzione delle imposte sulle società negli Stati Uniti potrebbe determinare revisioni al rialzo degli utili. L'IA presenta rischi al rialzo che potrebbero migliorare la redditività aziendale grazie agli aumenti di produttività. Anche l'inflazione in frenata e i tassi d'interesse più bassi sono fattori che giocano a favore. Tuttavia, non è tutto positivo per le azioni. Le valutazioni eccessive stemperano il nostro ottimismo e la prospettiva di nuovi dazi rischia di ridurre la competitività delle imprese statunitensi e di innescare una guerra commerciale allargata e dannosa. Nonostante ciò, riscontriamo opportunità all'interno di un contesto azionario più vasto.

Le azioni giapponesi beneficiano di una ripresa strutturale della crescita nominale, compresa l'accelerazione della spesa per investimenti. I fondamentali dei REIT sono solidi e prevale una narrativa sbagliata sulla composizione degli indici che fa sì che l'asset class sia in gran parte poco amata. Sebbene le azioni dei mercati emergenti offrano valutazioni e un contesto macroeconomico interessanti, se gli annunci politici continueranno a intensificarsi, potrebbe concretizzarsi il rischio di un calo della fiducia legato ai dazi, che a sua volta potrebbe ridurre significativamente il sentiment e quindi i prezzi delle azioni. Pertanto, rimaniamo neutrali fino a quando non si farà ulteriore chiarezza sulla politica commerciale.

I default moderati sostengono l'high yield globale, mentre gli investitori che ricercano il rendimento complessivo possono spostarsi ulteriormente fuori dallo spettro del rischio e investire in asset high yield. Tuttavia, gli spread dell’high yield globale sono contratti e non offrono opportunità interessanti.

Continuiamo a trovare interessanti due tipologie di asset high yield: il debito dei frontier market (FMD) e l’high yield asiatico (AHY), che presentano fondamentali e valutazioni interessanti, combinati a tassi di default inferiori rispetto all'high yield globale tradizionale. I tassi di default del debito FMD sono stati molto bassi nel 2023 e nel 2024 e prevediamo che continueranno ad esserlo anche nel 2025 con l'apertura dei mercati del debito in dollari.

Oltre il 70% dell'asset class AHY è costituito da debito di emittenti non cinesi con spread elevati e tassi di default bassi. In Cina, oltre il 20% dell’asset class è rappresentato da titoli non del settore immobiliare con tassi di default e spread bassi. Il debito del settore immobiliare cinese compone meno del 10% dell'universo e presenta spread e tassi di default più alti. Prevediamo che i default diminuiranno nel 2025, anche se, come osservato in precedenza, molto dipende da una politica governativa di sostegno. Nei portafogli che offrono un'ampia gamma di opportunità, siamo sottopesati sull'high yield globale per compensare le posizioni risk-on in FMD, AHY e azioni.

I mercati dei titoli governativi nominali stanno scontando un ciclo di tagli dei tassi nel corso del prossimo anno da parte della maggior parte delle banche centrali, ad eccezione del Giappone. Il nostro scenario di base conferma un graduale taglio dei tassi da parte delle banche centrali, in misura leggermente inferiore a quanto attualmente scontato, con possibili lievi pressioni al rialzo sui rendimenti. Riteniamo che il cosiddetto "tasso neutrale" in gran parte del mondo sviluppato sia molto più alto di quello registrato negli anni 2010 e solo leggermente inferiore ai livelli osservati negli anni 2000.

Anche se non ci aspettiamo un aumento sostanziale dei rendimenti, ci sembra appropriato un posizionamento leggermente corto di duration, soprattutto in considerazione delle altre posizioni. Siamo lievemente sottopesati sulle obbligazioni sovrane globali per compensare l'esposizione alla duration di altre posizioni lunghe sul fixed income. I rendimenti reali potrebbero salire leggermente in linea con l'aumento dei rendimenti nominali, ad eccezione del Regno Unito, dove ci aspettiamo una riduzione del differenziale di rendimento tra i titoli governativi e i gilt indicizzati. Analogamente alla nostra view sui bond high yield globali, anche gli spread sul credito investment grade globale sono contratti e vicini ai minimi storici. Anche se i downgrade potrebbero essere limitati, c'è poco margine per una riduzione significativa degli spread.

Continuiamo a privilegiare leggermente le valute emergenti, implicitamente attraverso le posizioni sulle azioni emergenti e il debito dei frontier market. In prospettiva, l'aumento dei rendimenti reali, le valutazioni interessanti e gli ulteriori tagli dei tassi da parte delle banche centrali dei mercati sviluppati dovrebbero accrescere l'attrattiva delle valute emergenti rispetto alle valute diverse dal dollaro USA.

Economic & Market Outlook 2025

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Informazioni sull’autore (o sugli autori)
Rupert Watson

is Global Head of Economics & Dynamic Asset Allocation

Julius Bendikas

is European Head of Economics & Dynamic Asset Allocation

Max Becker

is Macro Research & Dynamic Asset Allocation Specialist

Cameron Systermans

is Head of Multi Asset, Asia at Mercer

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